Giovanna Foglia


“Trova il tuo posto nel mondo, le tue compagne e vivi l’utopia”

Giovanna Foglia, milanese classe 1956, è una donna che mette le molte energie, la fantasia, lo spirito pratico e sopra tutto il suo cospicuo patrimonio al servizio della causa delle donne. "Perché questa scelta di campo?" le chiedo: “Le donne sono quelle che hanno meno soldi e meno possibilità” mi dice Giovanna nella nostra prima intervista via skype “ A peggiorare le cose poi c'è l'invidia diffusa che ci mette l'una contro l'altra. Aiutare le donne è una scelta di campo ma in realtà significa aiutare la società intera a migliorare. Sono diventata femminista da giovanissima ma allora non avevo soldi per realizzare granchè a livello collettivo, ho potuto farlo solo quando ho messo in piedi il Trust che sviluppai poi con l'aiuto di altre socie a partire dal 2004”. Il Trust vuole aiutare concretamente le donne finanziando le loro idee e progetti, ben sapendo quanto sia difficile per le donne l'accesso al credito bancario. Il fondo è stato istituito grazie ai soldi di Giovanna che ad un ceto punto vende le sue proprietà in Messico, dove per 15 anni impara il mestiere di "costruttora di case", ma il vero giro di volta si ha tre anni fa quando eredita il patrimonio dal padre e nelle sue parole "lì mi sono finalmente scatenata". Scatenata  nell'acquisto di stabili adibiti alla vita collettiva delle donne, ristrutturati, allestiti e alla fine dotati di un Comitato di Gestione, chiamati "Alveari" nome metaforico, simbolico e di buon auspicio.

Esattamente ad un anno dalla prima intervista via skype vado ad intervistare Giovanna nella sua casa nel Salento, chiamata Le sciare (che nel dialetto locale significa "le streghe"). Costruita secondo un suo progetto adattato sulla struttura originale della masseria tradizionale salentina, nel mezzo di un grande parco che accoglie cavalli, capre, uliveti e orti, ospita nei mesi estivi le socie dell'Alveare nazionale che qui si ritrovano insieme per festeggiare nella calda atmosfera del Salento. 
Giovanna mi accoglie con grande senso dell'ospitalità, sempre accompagnata da una corte di cani pastori adulti piuttosto intimidente.

Mi ha colpito l’originalità del Trust per finanziare i progetti delle donne, non è un’iniziativa che ho visto altrove in Italia se non sbaglio…
No, non ce ne sono. Ce ne sono tre nel mondo, qui, in Australia e in Inghilterra

Il Trust Nel nome della donna è stato fondato nel 2004, oggi dodici anni dopo se dovessimo tirare le somme, quali considerazioni puoi fare rispetto alle aspettative iniziali?

Partito con un capitale iniziale di 200.000 euro a cui poi si aggiunsero anche quelli di mia madre, in realtà venne istituito in funzione alla cospicua eredità che mi sarei trovata a gestire con la morte di mio padre, capitale che non avevo intenzione di portarmi sulla tomba come i faraoni. Nel 2007 con la vendita della mia casa in Messico e con il milione e mezzo di dollari ricavati li investii sul Trust e iniziai veramente a finanziare progetti e comprare case. Nel 2012 quando ereditai un capitale molto significativo mi sono scatenata, comunque la casa di Milano venne inaugurata proprio in quell’anno a cui sono seguite le case di Bologna, Lecce e la casa d’accoglienza di Milano.

A distanza di anni, dopo aver finanziato istituzioni e gruppi di donne, ho un dispiacere nell’aver constatato come nessuna donna abbia pensato di lasciare alla sua morte una donazione al Trust, sebbene lo conoscano e conoscano il suo operato. Preferiscono lasciare i loro soldi alla chiesa. Eppure la nostra generazione è la prima che ha visto molte donne scegliere di non sposarsi e avere figli! Quindi avrebbero potuto fare un lascito, anche piccolo, nel loro testamento. Ritengo che per chi ha delle proprietà, anche una sola, sia un dovere civile stilare un testamento per evitare che i soldi finiscano nelle mani sbagliate, devo dire che questa insensibilità mi ha amareggiata.

Oggi che ho compiuto sessant’anni, mi ritrovo una grossa preoccupazione: non ho una classe dirigente che possa un domani prendere in mano tutto quello che ho costruito. Quindi è diventata per me una priorità cercare di costruirla, di metterla assieme. Il grande problema è che dovrà necessariamente essere più giovane di me! Le persone che lavorano con me da anni, e di cui mi fido, sono grandi, mie coetanee o anche più grandi di me, quindi non posso pensare a loro come mie eredi!

Sempre pensando al futuro e a quello che potrà accadere quando non ci sarò più, ho dovuto spostare il Trust a Malta dove non è tassato, il che significa che un domani le donne potranno accedere al capitale senza problemi. In Italia invece, dove è tassato all’8% non avrebbero potuto farlo, le donne non sarebbero state in possesso di una tale somma e quindi c’era il rischio molto concreto che il capitale rimanesse non accessibile perché per poterlo avere devi prima pagare la considerevole tassa allo stato. Per evitare che lo stato italiano, un domani lo possa reclamare, ho dovuto cambiare nazionalità e diventare maltese, non solo, ma rinunciare anche alla doppia nazionalità.

Quali sono i progetti per il nuovo Trust maltese?

Il microcredito per le donne dei tropici. Sto valutando con gli avvocati le modalità perché vorrei includere nel progetto anche l’opzione di creare dal ricavato degli interessi, un fondo pensione per quelle donne che hanno lavorato per un periodo di dieci anni al servizio delle altre donne. Poi dovremo trovare il canale, anzi i canali, per ogni paese, affidabili attraverso cui far arrivare i soldi con certezza alle persone, per cui le banche non saranno il nostro veicolo preferenziale. Dovremo selezionare delle ong già presenti e operanti sui vari territori.

Parliamo ora della tua predilezione per le case, creare, letteralmente costruire “case per le donne” da dove viene questa tua scelta?

Direi dalle mie esperienze di giovane donna del Movimento degli anni Settanta dove le cose si andarono sfaldando una volta che perdemmo le nostre sedi dove trovarci, discutere e ricomporre i dissidi. È importante avere un luogo, che non sia un luogo qualunque ma un posto dotato di bellezza e comfort. Ecco perché le mie case sono belle e pensate per le esigenze delle donne.


Tu parli con convinzione di utopia, “vivere in comune” parole che sono scomparse dal vocabolario dei nostri giorni relegate in un periodo che ha a che fare con la nostra gioventù, un periodo così lontano, da allora nessuno più ha avuto coraggio di rispolverarle, tu invece le usi, anzi, probabilmente non hai mai smesso di usarle!

Esatto hanno continuato a far parte della mia vita, vivere in comune m’è piaciuto da ragazza e non ho mai smesso di crederci. Negli anni ’75 e ’76 a Milano sono sorte diverse comuni, alcune grazie al contributo di quelle tra noi più abbienti, questa esperienza è stata per me formativa e fondamentale. Praticamente, posso dire che ha “formato” la mia vita da allora. L’ho realizzata anche a Le Sciare dove vivo, vicino a Lecce, la vita comunitaria è scambio, confronto, ho voluto che anche qui i principi del vivere comune facessero parte di questa realtà: le persone che vengono a Le Sciare sanno che dopo una giornata dedicata al bellissimo mare del Salento e alle sue località uniche, come Acaia, Otranto, Galatina la sera è dedicata alla condivisione attorno alla tavola imbandita per tutte e a cui ognuna ha contribuito portando qualcosa. Si discute animatamente, la discussione è parte integrante del cenare. Si condivide tutto, dal cibo al sapere. Tornando al concetto di utopia, vorrei ribadire che l'utopia è utopia per gli altri, non per te che la fai! Questa è la grande cosa a cui nessuno pensa. Quando tu metti in atto il progetto in cui credi e lo realizzi, non è più utopia ma realtà per te che ci sei dentro e la vivi quotidianamente. Io cerco sempre di fare un progetto che contenga un'utopia, ma la mia utopia è collettiva, include sempre le altre, non è un progetto che riguarda solo me. Direi che oggi diventa importante, sopra tutto per noi donne, mettere in atto, subito, adesso, le nostre utopie o sogni come si voglia chiamarli".



INTERVISTA A GIOVANNA FOGLIA 4 LUGLIO 2016



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