Nicoletta Dentico "A woman on a mission"
Disarmare i potenti della terra
Appartiene a quella tempra di toscanacce
che sempre più spesso mi capita d’incontrare e di cui ormai mi sono fatta una
certa idea: hanno una marcia in più. Agguerrita e simpatica, dal piglio sicuro
e dall’energia travolgente, Nicoletta ha un curriculum “a prova d’invidia”: una
donna dall’ispirazione internazionalista che ha iniziato lavorando come
giornalista per la televisione giapponese NHK, per Mani Tese fin da
giovanissima ed è stata direttrice di Medici senza frontiere per quattro anni e
mezzo “vissuti pericolosamente”.
Ha iniziato il cammino professionale con la campagna "Mercanti di morte" che ha portato all'approvazione della legge 185 del 1990 sul commercio delle armi: si tratta di una legge ancor oggi all'avanguardia che ogni anno rende pubblici i nominativi delle banche che finanziano la produzione delle armi. E’ stata impegnata per anni in importanti
campagne internazionali, come la campagna per la messa al bando delle mine
anti-persona e successivamente, con MSF,
la campagna per l’accesso ai farmaci essenziali, cioè, come lei dice:
“Disarmo, salute e finanza,” i tre campi di ricerca e mobilitazione della sua
vita. Una coerenza perfetta.
Due Nobel per la pace sfiorano la sua vita
Dopo numerosi campi di lavoro
giovanili per Mani Tese, scopre il dramma del genocidio cambogiano e decide di dedicarsi a questo
tema sconosciuto. Visitando il paese a
più riprese tocca con mano gli effetti
indelebili che le mine hanno avuto su quella popolazione. Una delle pochissime
italiane a frequentare negli anni Ottanta
quel territorio tormentato, si trova coinvolta nella Campagna Internazionale per il Bando delle Mine Antipersona, sigla internazionale ICBL. Questa campagna è portata avanti a livello mondiale da una coalizione di organizzazioni non governative formatasi grazie all'attivista americana Jodie Williams.
Nicoletta diventa la coordinatrice nazionale di oltre 40 organizzazioni e
associazioni e rappresenta l’Italia nello Steering Committee della ICBL.
Il ruolo svolto sia dalla coalizione che dalla fondatrice Jody Williams,
porteranno all'assegnazione congiunta del premio Nobel per la Pace del 1997. Due anni dopo un altro Nobel
sfiora la carriera di Nicoletta quando, il 10 ottobre 1999, assume l’incarico
di direttrice generale di Medici Senza Frontiere Italia Onlus- sigla
internazionale MSF- lo stesso giorno in cui l’Accademia svedese annuncia il
conferimento del Nobel per la pace all’organizzazione! Vista la sua indiscussa
esperienza maturata nella campagna internazionale della ICBLI, una campagna
durata 7 anni, MSF le chiede di giocare un ruolo di rilievo in un’altra grande
campagna internazionale, quella per
l’accesso ai farmaci essenziali. “Mi sono subito appassionata a questo tema,
perché ho scoperto che la salute è una chiave per parlare di tutti i diritti.
Forse proprio per questo la salute è un diritto particolarmente violato perché
la salute non è l’assenza di malattia ma la risultanza di tutta una serie di
altre pre-condizioni: l’accesso alla casa, al lavoro, l’educazione, l’accesso
al credito, la qualità delle relazioni. Allora ho scoperto che la guerra è una
metafora che si può applicare ad altri territori come appunto l’accesso ai
farmaci. Mi si aprì un mondo che non conoscevo: le case farmaceutiche
attraverso le leggi sulla proprietà intellettuale rendono inaccessibile
i farmaci a chi ne ha più bisogno. Mi è sembrata una vera e propria
dichiarazione di guerra da parte di alcune case farmaceutiche alle
popolazioni”. Da allora non ha più abbandonato questa causa, visto che
l’ingiustizia perdura, attraverso una fitta attività di ricerca e di
mobilitazione. Ha lavorato in più occasioni
per l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia a Ginevra che al
Cairo, sui temi legati alla salute, alla povertà, l’accesso ai farmaci, il
diritto alla salute.
L’esperienza con Banca Etica
Il giorno prima della nostra
intervista Nicoletta era alla Camera dei Deputati per un suo intervento
sull’etica nella economia del futuro, in qualità di consigliera di Banca Etica:
“Proprio a causa del mio lavoro nella salute ho sentito l’esigenza di
impegnarmi in un luogo dove si punta con convinzione alla democrazia economica.
Sono quasi al traguardo di questa mia esperienza, nel senso che l’anno prossimo
scade il mandato settennale di consigliera. E’ un’esperienza interessante,
unica direi. Da una parte ho visto come puoi dare concretezza ai principi e
alle visioni di giustizia, finanziandole. Dall’altra, questo servizio mi ha
permesso di mettere a fuoco la funzione determinante che il denaro e la
finanza hanno nel declinare, realizzare i diritti umani. Guardiamo ad
esempio all’emigrazione, tema caldo della contemporaneità, un fenomeno che trae
appunto origine dalle speculazioni finanziarie, dalle disparità distributive
del denaro, dall’accumulazione patologica della ricchezza.
Vocazione internazionalista
Approfitto dell’occasione di
trovarmi con una donna che ha vissuto a fondo realtà internazionali per
spaziare un po’ nel mondo.
Parlando di finanza che cosa ne pensi del movimento
Occupy Wall Street ?
E’ stato importante perché ha
introdotto nuove modalità di mobilitazione
e comunicazione che hanno poi ispirato altri movimenti, gli indignatos
in Spagna, in Grecia e in Turchia, ma anche in sud America, in Cile e
Argentina: occupare fisicamente i luoghi con i propri corpi e restare lì, a far
capire che fai sul serio. In particolare
in America, Occupy ha dato un segnale
forte contro quei meccanismi americani che sono fonte di impoverimento per la
gente. E cosa ancora più importante ci ha aiutato a rendere consapevoli le
persone sulle conseguenze non economiche delle loro azioni economiche. Tutti possono senza volerlo diventare
complici con la “finanza cattiva”, quella che specula sui debiti sovrani, che
finanzia le guerre. Quando noi diamo i nostri soldi ad una banca, pochi o tanti
che siano, dobbiamo chiederci che cosa ne farà quella banca dei
nostri soldi; li impiegherà a fin di bene o no? Occupy Wall Street è
stata un passaggio fondamentale nel rendere evidente la necessità che ogni
cittadino sia consapevole delle sue scelte. Ciascuno può esercitare un potere
d’azione immenso con il proprio denaro.
I debitori privati, la finanza
speculativa, sono stati quelli che hanno
originato la crisi del 2008, quella che ha proditoriamente incoraggiato tutti a
prendere i mutui per la prima casa,
sapendo che prima o poi avrebbero incastrato la gente che non riusciva a pagare
le rate del mutuo. Quelle perdite erano campo di speculazione, come lo sono
ancora i debiti degli stati. La narrazione che
hanno fatto passare è che “la
gente vive al di sopra delle sue possibilità”, mentre invece i debiti pubblici
sono aumentati per salvare le banche che hanno
usato i risparmi delle persone per speculare e massimizzare senza
scrupoli i loro profitti. Sono loro che “vivono al di sopra” ! [Vi ricordate il
film di Martin Scorsese con Di Caprio “The wolf of Wall Street” del 2013?]
Questi speculatori hanno nomi e cognomi, ma non sono stati toccati a causa
dell’estensione delle loro manovre in tanti ambiti dell’economia e della
politica. Too big to fail, (troppo grandi per fallire) dicevano in
America, o addirittura Too big to jail
(troppo grande per mandarli in prigione). Lo Stato ha pagato un
prezzo altissimo per salvare questa industria della finanza speculativa. La
successiva crescita del debito pubblico si è pensato di sanarla invocando poi
la necessità delle politiche dell’Austerity, tradotti in
tagli al welfare, all’istruzione, alla sanità, alla manutenzione del bene
pubblico ecc. quello che è sotto gli occhi di tutti. E’ stata l’indignazione
crescente, nel vedere che le persone che avevano causato la crisi non pagavano,
ma pagavano invece i paesi, come la Grecia, la gente, che ha portato alla
mobilitazione di Occupy Wall Street.
E poi ci sono state importanti azioni individuali volte all’ abolizione del
segreto bancario in Svizzera. Indagini e fughe di notizie dei Panama Papers,
Paradise Papers, con i nomi delle società presenti nei paradisi fiscali e i
nomi di chi gestisce conti offshore.
Siamo ancora molto lontani, ma diverse cose interessanti sono accadute in
effetti negli ultimi anni.
Naomi Klein secondo te è
stata strumentale con i suoi libri per gettare luce sulle dinamiche che
governano le società in occidente?
Naomi Klein è una persona
eccezionale, è la Noam Chomsky di questa generazione, intellettuale e
militante, ha denunciato ma anche fatto proposte concrete, ha reso note quelle
realtà che si stanno organizzando e ha saputo interpretare una visione del
mondo che è per un interesse pubblico, per un bene comune.
E Vandana Shiva …?
Vandana è stata la prima. Una
scienziata che ha affrontato a viso aperto le grandi multinazionali, ha
saputo mobilitare l’opinione pubblica
internazionale, ha salvato la diffusissima pianta medicinale neem dalla
biopirateria delle multinazionali del cibo [ma non solo anche il riso basmati e
il frumento]. Anche la sorella, Mira, è “una potenza” con lei ho lavorato sulle
tematiche della salute come diritto . Ma tutta la famiglia Shiva è unica, è una
famiglia di militanti visionari che si è formata su Gandhi. [La mamma ne era
una discepola]
Ma torniamo a te, alla tua
biografia. Da dove sei partita? Che cosa ti ha formata?
Direi Mani Tese, la mia “mamma
civile e politica”. Avevo 13 anni quando vidi uno spot pubblicitario al cinema
che mi folgorò, da lì inizia un percorso che mi ha portato poi a fare i campi
di lavoro a 17 anni, e quasi subito mi è
stata data fiducia così da lì a poco incominciai organizzarli, avevo 18, 19 anni. Un punto di
non ritorno, tanto forte è stato l’impatto che hanno avuto su di me. Dopo il
mio primo campo di lavoro ho capito che non avrei mai potuto lavorare per il
mondo del profit, che sarei sempre rimasta impegnata nella denuncia,
nella militanza. Mani Tese mi ha aperto tante porte, mi ha offerto incontri
indimenticabili, quello con l’Abbè Pierre, per esempio, con Dom Helder Camara,
il vescovo delle favelas di Recife e uno dei massimi paladini della “teologia
della liberazione”: punti di riferimento per la mia generazione. Poi sono
diventata responsabile per i progetti in Cambogia e Vietnam, dove ogni estate
trascorrevo le mie ferie, mentre lavoravo come giornalista alla NHK. Allora ero
una delle pochissime italiane che si occupasse della Cambogia, partecipavo allo
Steering Committee delle ONG
impegnate per quel paese , ed è in questa successione di circostanze che
sono stata contattata dai fondatori della ICBL, (la campagna per la messa al
bando delle mine antipersona). Mi chiesero se volevo attivare la campagna anche
in Italia. Mani Tese accettò di farmi coordinare il progetto. Considero la mia
esperienza nella campagna contro le mine il più grande privilegio, il più
grande regalo che la vita mi abbia fatto. Grazie a questa espressione buona
della globalizzazione, infatti, io sono stata per anni in contatto con quella
parte della società più attiva, più desiderosa di cambiamento, che “ci crede”,
un’esperienza che mi ha formato sia in Italia che all’estero. Ero in
Afghanistan quando sul tema “deflagrò” la democrazia, così scrissi in un mio
articolo, quando 5000 afghani si riversarono sulle piazze per reclamare la
messa al bando delle mine, lo stesso accadde in Cambogia. Persone che
democraticamente chiedevano di partecipare, di essere ascoltate, di avere dei
diritti.
Riassumendo…?
La cooperazione internazionale è
stata il mio terreno di interesse e di crescita umana e professionale, Mani
Tese mi ha fornito sia la cornice teorica, sia pratica ma anche quella politica,
perché un progetto ha sempre bisogno di un’interfaccia politica se vuole vivere
e svilupparsi. MSF è stata un’altra cosa: mi ha molto formata perché come tutte
le grandi famiglie internazionali- Oxfam, Action Aid, etc. – sono regolate da
standard operativi molto alti che devi far rispettare. Direi che la mia vita è
percorsa da questo leit-motif “disarmiamo le politiche, disarmiamo le
multinazionali, disarmiamo-ci”. Disarmo-Salute-Finanza sono i tre temi cardini
che ho frequentato senza soluzione di continuità, e mi porto a casa la
consapevolezza che le organizzazioni per cui ho lavorato sono state mezzi
non fini. Le organizzazioni non sono il fine per cui lavorare ma
strumenti per portare il cambiamento, per portare giustizia.
Prossimo progetto?
Il tema della “salute”, così
bello e ricco, un diritto che dovrebbe essere inviolabile, a livello
internazionale è in mano a chi ha i soldi, ai vari plutocrati, i Bill Gates e i
Bill Clinton, che vogliono dettare loro le soluzioni dei problemi, ed è questo
parte del problema, in realtà. A loro, a questi filantropi voglio dedicare il
mio prossimo libro.
intervista del giugno 2018
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